Quando arrivava il 25 aprile, qui a milano, marco era un punto di riferimento per tutti noi.
E non mi riferisco alla sua preparazione o al suo impegno politico (che pure era preparato e impegnato, partecipe e spesso critico), alla lucidità di pensiero (che era lucido, e parecchio) e all’onestà intellettuale (in lui così limpida), né alla straordinaria capacità di non essere giudicante quando si parlava delle persone (non lo era quasi mai, e mai – mai, mai – frettolosamente), e neppure al suo essere sempre molto informato sui fatti di casa nostra e, soprattutto, sui fatti del mondo (“ora lo chiediamo al berrini”, quante volte l’ho detta o l’ho sentita dire) senza per questo pretendere di avere risposte in tasca.
Mi riferisco, più che altro, al fatto che marco era alto due metri e cinque centimetri. Quando sei alto due metri e cinque centimetri, durante le manifestazioni diventi giocoforza un punto di riferimento (“dai, magari ci si becca dopo, in porta venezia, dalle parti del berrini”).
Ma non c’era solo la sua altezza (che comunque fa), c’era anche la sua stanchezza.
La resistenza fisica di marco era quella che era, farsi un corteo in movimento dall’inizio alla fine non era cosa, quasi mai. Il 25 aprile, per esempio, in genere camminava fino all’incrocio tra corso di porta venezia e via palestro, sull’angolo dei giardini, e si fermava lì, a veder scorrere tutta la manifestazione.
E così tu non solo lo potevi beccare – comunque – con un colpo d’occhio (che quando sei alto due metri e cinque la tua testa, semplicemente, emerge – per intero – da quelle di tutti quanti gli altri), ma spesso sapevi già dove andare a cercarla, quella testa.
Però il motivo principale per cui in manifestazione ci si vedeva “dai berrini” è che attorno a marco e gabriella girava il mondo. Per dire, quando è stato cremato il corpo di marco, al cimitero eravamo in quattrocento (uno più uno meno) e nessuno era lì per questioni formali o di cortesia e, per altro, nessuno della famiglia si era preoccupato di annunciare la cosa o far girare la notizia. Eravamo lì per marco, tutti quanti. Milano non è proprio un paesino (be’, come mentalità degli abitanti un po’ a volte sì, ma come numero di abitanti meno) in certi ambienti però ci si conosce, se non proprio tutti, quasi… ecco, in quegli ambienti lì non solo marco lo conoscevano davvero tutti, ma gli volevano pure bene.
A quel punto (che sei altro due metri e cinque centimetri, che in manifestazione ti muovi lentamente, ti muovi poco e poi stai fermo parecchio, che ti conosce mezzo mondo e che mezzo mondo ha voglia di salutarti e di fare due chiacchere con te) per forza che poi la gente ti usa come punto cardinale.
A me marco manca. Spesso.
Non proprio tutti i giorni, ma spesso.
E, tutte le volte che vado in manifestazione, non è solo come se mancasse un pezzo di me (quello già capita e spesso, l'ho detto) è come se mancasse anche un pezzo di milano.
(ché gabriella è sì una donna alta, è sì una donna a cui vuole bene mezza milano, ma la sua testa mi resta comunque sotto la linea di galleggiamento delle altre teste, e lei non ha nessun bisogno di muoversi piano e di star ferma in un punto, che di suo è una delle donne meno ferme che io conosca)